Il Ringraziamento va al Signore che nella Sua imperscrutabile Misericordia e Provvidenza ci ha pensato e voluto dentro questa grande storia, che ha fatto davvero grande la Chiesa e la città di Genova. E si sta davvero con timore e insieme con gratitudine di fronte a questi 500 anni durante i quali la nostra piccola Comunità ha continuato a vivere in modo ininterrotto, con delle caratteristiche che la Provvidenza ha voluto noi avessimo e che ora brevemente vi racconto perché è a lode dell’Amore provvidente di Dio.

Nel 1517, Ettore Vernazza ha fondato, realizzando un sogno inseguito insieme a S. Caterina, una comunità di donne dedite all’educazione delle fanciulle e delle ragazze, soprattutto di quelle provenienti da famiglie che erano state un tempo agiate economicamente e socialmente, ma che poi si sono trovate per disavventure varie in condizioni di indigenza. Ecco, Caterina voleva che queste fanciulle – che rischiavano di vivere senza né arte né parte – avessero una casa, fossero istruite e guidate ad adoperarsi con carità per i più bisognosi di loro. Allora, Ettore fonda il Conservatorio delle Figlie di San Giuseppe, apre una casa vicino all’ospedale da lui iniziato. La forma era quella del Conservatorio, istituzione riconosciuta dalla Repubblica, dedita ad un’opera sociale e che quindi – non avendo la forma canonica di monastero – aveva già un apostolato moderno e soprattutto resistette all’ondata della rivoluzione francese e poi di quella napoleonica con le sue soppressioni degli ordini religiosi e l’incameramento dei beni della Chiesa. Abbiamo avuto poi uno spostamento di sede e ci siamo spostate lì dove la piazza porta ancora il nome di  Largo S. Giuseppe perché c’era la nostra chiesa. Un ultimo trasferimento ci ha portato nella nostra attuale sede in Sal. S. Rocchino, ma ciò non avvenne per un motivo di “persecuzione”: lo spostamento era stato reso necessario dal nuovo piano urbanistico della zona della città, piano urbanistico molto bello tra l’altro. Provvidenzialmente il Signore guida ancora, in modo fine, perché la casa nella quale ora siamo era l’antica casa di villeggiatura della nobile famiglia dei Fieschi a cui Caterina apparteneva. Tutto è come guidato da un filo d’oro provvidenziale.

Un’unica casa, sempre, in 500 anni. La prima Comunità dedicata a S. Giuseppe per esplicito desiderio della santa genovese (il culto a S. Giuseppe infatti sboccerà e fiorirà con S. Teresa d’Avila, qualche decennio dopo)

Una Comunità che sa di avere in S. Caterina le sue grandi radici, ma che poi è andata avanti sempre in un costante nascondimento, rimanendo piccola. Come ora. Così sperimentiamo continuamente una certa fragilità (da sempre siamo semplicemente un gruppetto di donne consacrate, senza altra casa se non una nascosta tra i vicoli di Genova, senza case generalizie a Roma, senza altre fondazioni). Eppure riconosciamo una certa vitalità, anche vocazionale, che evidentemente viene dal Signore.

Mi piacerebbe che, dicendo in estrema sintesi qual è l’attualità del nostro carisma, e come lo viviamo confrontandoci con il presente, si potesse capire qual è il filo d’oro che ci lega a S. Caterina, a Ettore Vernazza e all’Oratorio del Divino Amore, che ci lega cioè alla loro esperienza di vita cristiana, vita di comunità fatta di incontri, di direzione spirituale, di dialoghi di approfondimento teologico, spirituale, sociale. La compagnia del Divino Amore viveva il primato del rapporto personale con il Signore Gesù e poi della compagnia tra loro sotto la guida di S. Caterina. Da questo primato è nata per loro l’esigenza insopprimibile di fare del bene, del bene concreto al prossimo e alla propria città, attraverso la cura sia dei bisogni corporali che spirituali del prossimo.

Il filo d’oro che ci lega al Divino Amore si rivela in due aspetti:

  • INTENDERE L’EDUCAZIONE SOPRATTUTTO COME CURA DELLA VITA INTERIORE, SAPENDO DI OPERARE COSI’ PER IL VERO BENE DELLA SOCIETA’, OLTRE CHE DEI SINGOLI.
  • INTENDERE LA NOSTRA COMUNITÀ E LA NOSTRA SCUOLA COME PUNTO DI INCONTRO E DI SOSTEGNO VICENDEVOLE.

Vorrei riuscire a spiegare bene questi due punti:

  • LA CURA DELLA VITA INTERIORE, DELLA PROPRIA ANIMA, DI QUELLO SPAZIO INTERIORE CHE E’ IL PIU’ AUTENTICO E CHE SOLO PUO’ GENERARE NELLA PERSONA UNA VERA E DURATURA CRESCITA, ANCHE INTELLETTUALE E MORALE A BENEFICIO DEL SINGOLO E DELLA SOCIETA’. (Ogni uomo ha questo spazio interiore, che è la sua più vera identità. Se penso anche ad un omicida in un carcere… anche lui non è definito da ciò che ha compiuto, ma la sua vera identità rimane quello spazio interiore dove non può giungere il giudizio umano, ma solo quello di Dio. E quello spazio interiore, l’anima, è per l’uomo la sua possibilità di fiorire, sempre: che sia bambino, giovane, adulto, in qualsiasi situazione. Noi siamo in una società che ha perso la consapevolezza di questa intima, inviolabile identità e dignità di una persona; siamo terribilmente giustizionalisti – non tanto nelle giuste pene che purtroppo mancano, ma nei giudizi espressi sui giornali e sulle bocche troppo superficiali. A fronte di una altrettanto terribile sfrenatezza morale, pretendiamo di definire un uomo dai suoi atti. S. Caterina e la sua compagnia di amici e figli spirituali  avevano chiaro che non era il male, neppure il più terribile, a definire un uomo. E per questo si presero cura di quelli che altri definivano “incurabili” perché malati di malattie vergognose, come la sifilide.).  Allora PER NOI (è qui la continuità che vogliamo custodire) QUESTO SIGNIFICA CHE QUANDO RICEVIAMO A SCUOLA UN BAMBINO, E RICEVIAMO LA SUA FAMIGLIA, NEL RICEVERLI DESIDERIAMO PRENDERCI CURA DELLA DIGNITÀ DI QUELLE PERSONE,  E QUINDI DI FRONTE AL BAMBINO O AL GIOVANE  NON ACCONTENTARCI DI UN TRASMISSIONE TECNICA DI CONOSCENZE E DI COMPETENZE; CON LE FAMIGLIE (SE LO VOGLIONO) NON CI ACCONTENTIAMO DI UN DIALOGO TECNICO SCUOLA-FAMIGLIA, MA DESIDERIAMO PRENDERCI CURA DEL LORO CUORE, DELLA  LORO RAGIONEVOLEZZA, DELLA LORO LIBERTÀ.

E COME SI FA? COME SI FA CONCRETAMENTE A FARE UN’OPERA EDUCATIVA CHE ABBIA DI MIRA IL FAR CRESCERE NEI GIOVANI LA LORO VITA INTERIORE?

Insegnando a stare di fronte alla realtà, a ciò che la vita ti presenta ogni giorno ED INTERROGARE CON SINCERITA’ IL PROPRIO CUORE, LA PROPRIA COSCIENZA, LA PROPRIA LIBERTA’. Cioè, di fronte a questa situazione che ti trovi ad affrontare (la fatica e la gioia di imparare, la fatica e la gioia di stare con i compagni…ecc..) cosa il tuo cuore desidera? Cosa la tua coscienza e la tua ragionevolezza ti richiede? Cosa la tua libertà vuole salvare di sé?

Quando questo cuore, questa coscienza e questa liberta’ sono stati così esercitati, allora poi conduci il giovane a metterli a confronto con la proposta cristiana per verificare  quanto la proposta cristiana coincida con le esigenze vere del cuore, della coscienza e della libertà

In questo cammino di educazione cristiana, poi si insegna, facendolo sperimentare,  CHE APRIRE LA PROPRIA INTELLIGENZA E IL PROPRIO CUORE AL MISTERO DI DIO, AL DIALOGO CON LUI, ALLA VITA INTIMA CON LUI, E’ TUTT’ALTRO CHE LIMITANTE PER LA RAGIONEVOLEZZA E PER L’AUTENTICA REALIZZAZIONE DEL BENE DEI SINGOLI E DELLA COSCIETÀ. OCCORRE OFFRIRE AI BAMBINI, AI GIOVANI, AGLI ADULTI SPAZI DI PREGHIERA, EDUCAZIONE ALLA PREGHIERA.

  • IL SECONDO PUNTO È INTENDERE LA NOSTRA COMUNITÀ E LA NOSTRA SCUOLA COME PUNTO DI INCONTRO E DI SOSTEGNO VICENDEVOLE

Come genovesi, dobbiamo succhiare questo esempio dai nostri santi concittadini, anche se sono cambiate le contingenze storiche: non sarà forse più sollevare dalla peste, ma anche attualmente e sempre di più non mancano i bisogni primari urgenti. Questo noi lo verifichiamo osservando, ad esempio, i  poveri che quotidianamente bussano alla nostra porta per un pasto: sempre di più si tratta di pensionati che diversamente non riuscirebbero a mangiare più di una volta al giorno. Oppure penso a quanto ci raccontava recentemente il patriarca Mons. Moraglia (anche verso di lui abbiamo una profonda gratitudine per il tanto bene seminato nella nostra Comunità e nelle famiglie legate al nostro Istituto) della situazione di Venezia: città con un fortissimo calo demografico a fronte di milioni di turisti, dove non ci sono bambini, dove gli anziani sono sempre più soli e impossibilitati ad uscire di casa…quale necessità lì di accorgersi della solitudine di questi anziani! Oppure penso a quanto ci diceva Mons. Guido Gallese (altro Sacerdote genovese ora Vescovo verso il quale abbiamo un debito di gratitudine) che raccontava dei tanti che si rivolgono a lui per vari bisogni e che di fronte alla sua domanda: “Ma lei ha una comunità alle spalle, ha una famiglia, ha la parrocchia, ha un luogo di incontro che la possa sostenere in questa sua fatica?” quasi sempre rispondono: “No, Eccellenza…è solitudine!”. Un’altra testimonianza ce l’ha offerta l’abate Zielinski, a Lendinara in provincia di Rovigo: diceva di quanti imprenditori lì, nella zona del Veneto, sono arrivati a togliersi la vita non sopportando più la pressione economica, fiscale, sociale di un fallimento…Commentava l’abate: “Sì, non hanno sopportato loro…e noi non siamo stati in grado si supportarli! Non è buona questa solitudine, non è giusta questa solitudine nella quale viviamo!”

Forse giustamente – per alcuni aspetti – noi ci sentiamo progrediti come società, ma c’è anche qualcosa che forse dovremmo valutare con più attenzione …quando per i vicoli di Genova vedi “Vico degli indoratori” allora pensi che c’era una compagnia tra chi faceva lo stesso mestiere, un sostenersi vicendevole…Dobbiamo aprire gli occhi e accorgerci che noi invece ora siamo in un individualismo che non è buono, non è giusto nel nostro e bisogna educare i figli e i giovani ad avere uno sguardo capace di accorgersi di questo e trovare il modo di soccorrerlo. 

FARE SCUOLA, DEDICARCI ALL’EDUCAZIONE DELLA GIOVENTÙ, PER NOI ORA SIGNIFICA NECESSARIAMENTE FARE COMUNITÀ CON LE FAMIGLIE. In questo bisogna essere estremamente moderni: non possiamo più fare scuola come 50 anni fa, quando la Famiglia era aggregante, era la prima e fondamentale comunità; quando non c’era questo sfrenato individualismo ma c’erano varie possibilità di aggregazione. Che ora spesso mancano o sono malamente sostituite da quelle virtuali…

ECCOLA ALLORA LA SFIDA PER IL TEMPO PRESENTE: essere fautori di UNA CULTURA – SOPRATTUTTO ATTRAVERSO LA FAMIGLIA E LA SCUOLA ALLEATE – (…perché anche la politica può fare tanto, però la politica viene dopo perché la politica è fatta di uomini e se gli uomini non sono capaci prima di fare compagnia tra di loro e se non hanno neppure la consapevolezza che non possono vivere da soli, ma che devono aggregarsi, non c’è politica che tenga. La politica è semplicemente a sostegno delle intuizioni e delle iniziative che gli uomini singoli e le compagnie di uomini hanno avuto. Allora per questo la scuola è anche più importante della politica perché la scuola educa gli uomini senza i quali non esiste la politica!

OCCORRE ESSERE FAUTORI DI UNA CULTURA CHE SAPPIA FAR FRONTE AL NON SENSO DILAGANTE E ALLA PREPOTENZA DILAGANTE: RELATIVISMO E PREPOTENZA CHE STANNO UCCIDENDO I GIOVANI E LA SOCIETÀ.

UNA CULTURA CAPACE DI RIPARTIRE DALLA VITA INTERIORE, DALLA RICERCA DI DIO E DALLA RICERCA DEL BENE REALE PER L’UOMO.  La nostra è una proposta cristiana: In Cristo, vero Dio e vero uomo, culmina questa ricerca. E di fatto la storia, anche della nostra Genova, è lì a dimostrarci che quando si cerca veramente Cristo si trova anche il bene per l’uomo. (i cattivi esempi cristiani sono tradimento di Cristo…ricordiamocelo! Non sono Cristo!)

  • Pensare di costruire una società migliore senza la consapevolezza della necessità di questa cultura capace di ripartire dalla vita interiore – che generi oasi di compagnia umana e di aiuto vicendevole, oasi di preghiera… pensare di costruire un presente e un futuro migliori senza questi presupposti mi pare rischioso, illusorio e falso. Questa è la sfida. Grande, sì perché è contro-tendenza. Ma guardiamo a chi ci ha preceduto: se loro sì, hanno potuto vivificare così la società, perché noi no? Perché? Il loro segreto, è indubbio, è stato una vera sequela di Cristo.

Grazie.

Madre Maria Grazia Brambilla, Superiora della Comunità Figlie di San Giuseppe

 

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