Convegno 4 Maggio 2017 h.17   Sala Quadrivium, Piazza S. Marta, 2 Genova

“GENOVA, CAPITALE DELLA CARITÀ. UNA SFIDA PER IL PRESENTE”

L’occasione da cui prende l’idea questo Convegno è quello del V centenario di Fondazione della Comunità delle Figlie di San Giuseppe. È tradizionalmente fissata, infatti, al 1517 la data della Fondazione della Comunità ad opera di Ettore Vernazza, figlio spirituale prediletto di Santa Caterina da Genova e su progetto di lei.

Lo scopo del Convegno non è evidentemente autocelebrativo, ma semmai è un desiderio di rendimento di grazie al Signore per i 500 anni di celeste protezione e motivo di riflessione sul fatto che l’ Altissimo si degna di passare anche attraverso di noi, poveri pellegrini nella storia, per compiere i Suoi disegni di bene.

Il Convegno dunque è stato pensato per portare a conoscenza una storia che riguarda la nostra città di Genova, una storia che l’ha resa grande (da qui il titolo GENOVA, CAPITALE DELLA CARITÀ, per sottolineare lo splendore di Genova sotto tanti profili, ma non certo ultimo quello della carità nella sua concezione più ampia: come edificazione del bene dei singoli e del bene comune); e anche un invito a riflettere su come questa storia possa offrire una lettura del presente e uno spunto su come affrontare questo nostro presente, con responsabilità, con Speranza, con fattiva Carità, con una Fede viva. Ecco perché il titolo continua: UNA SFIDA PER IL PRESENTE.

Santa Caterina da Genova e Ettore Vernazza sono due laici genovesi che, con il segreto nel cuore della incandescenza della vita in Cristo, hanno animato dei piccoli cenacoli di amici raggruppati attorno all’esperienza della preghiera, dell’intimità con Dio dalla quale è nata un’insopprimibile urgenza di compiere il bene, tanto bene attorno a sé, bene a tutti, senza distinzione. Un amore appassionato alle anime, ai propri concittadini, ai propri fratelli, fino a quelli già passati alla vita eterna ma che necessitano del soccorso della nostra preghiera per il loro cammino di purificazione.

A questi cenacoli del “Divino Amore” – per i quali possiamo davvero definire Genova capitale della carità perché i nostri concittadini sono stati capaci di realizzare anche concretamente molte opere geniali a beneficio della città – è legato tutto un movimento che si propagò mirabilmente per l’Italia, ad opera principalmente di Ettore Vernazza e che generò grandi figure di Santi (ad esempio S. Filippo Neri, S. Gaetano Thiene, S. Girolamo Emiliani…), ma non solo: generò quel profondo rinnovamento nella Chiesa che è stata la Riforma Cattolica e vivificò il vivere sociale con un autentico umanesimo cristiano.

Pensiamo che queste grandi figure di S. Caterina ed Ettore Vernazza ci possano aiutare a scegliere come vivere, ora, la sfida del nostro presente: ci insegnano quanto il bene sia un’urgenza perché Dio è Carità, ma che il vero bene non nasce tanto da uno “sbracciarsi”, da un “fare per fare”, ma da uno STARE CON GESÙ. Ci hanno indicato una via autentica, utile quanto mai a noi ora, e cioè che lo “stare” si traduce poi in straordinario dinamismo nell’”andare” verso tutte le necessità, verso tutte le “periferie”. Solo così il bene non è un “fuoco di paglia” emotivo, ma qualcosa di realissimo che non solo rimane, ma cresce con i tempi di Dio. Il bene non è solo “dare”, ma “darsi” e darsi senza esclusione di alcuno.

Caterina da Genova ci insegna ancora che la Carità ha due dimensioni (verticale ed orizzontale), e che quella verticale è prioritaria perché l’asse orizzontale, come sulla croce, non sta in piedi se non è fissato a quello verticale. Nel nostro contesto sociale ed ecclesiale – a volte così sopraffatti da tante necessità intorno a noi e che non sappiamo come affrontare per riuscire a generare davvero una società più umana e più bella – questo dei cenacoli del Divino Amore è un esempio che potrebbe darci una vera svolta, una strada da percorrere. Questi due grandi laici genovesi ci dicono che la santità è per tutti e che occorre far fruttificare il proprio Battesimo, la vita sacramentale e di preghiera autentica, da cui trarre forza, alimento e coraggio per essere costruttori di una società che sia “casa e scuola di comunione”.

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