Mi collego a quanto l’avv. Artiglieri ha esposto sulle grandi figure di Ettore Vernazza (1470-1524 ca.) e di s. Caterina da Genova (1447-1510) per concludere con una proposta di riflessione sulla carità: “radicare e piantare nei cuori l’amor di Dio, cioè la carità” è infatti lo scopo dell’Oratorio del Divino Amore, che intese dare concreta realizzazione al desiderio di perfezione cristiana nella cura della vita spirituale, in un fervido cammino di preghiera, di pratica sacramentale – Confessione e Comunione straordinariamente frequenti per la prassi in vigore – e nell’esercizio della carità verso i poveri e specialmente verso gli infermi, lottando contro l’amor proprio: la “voluntas propria” di cui parlano i Padri, che vedono in essa la “regio dissimilitudinis” la dissomiglianza in cui l’uomo cade quando rifiuta la sua “somiglianza” con Dio; la “razionale” da mortificare, per dirlo con l’espressione cara a san Filippo Neri…
E’ del 1497 la fondazione a Genova dell’Oratorio del Divino Amore: solo cinque anni dopo la scoperta del “nuovo mondo”, un evento che tanta influenza ebbe su quello che, da quel momento, è diventato il “vecchio mondo”, il quale, però, era attraversato da fermenti notevoli di novità nell’ambito culturale e nella vita della Chiesa: l’Umanesimo e il Rinascimento costituiscono il passaggio dall’età medievale all’età moderna.
Un nuovo clima religioso e spirituale si sviluppò negli ambienti colti – in sintonia, soprattutto in Italia, con lo spirito umanistico – che raggiunse poi anche i ceti popolari attraverso l’azione caritativa e di culto.
Molti gruppi, prevalentemente formati da laici, si ritrovano nei centri urbani a studiare e a meditare la Scrittura, animati da sincera volontà di approfondimento orientato alla vita spirituale ed all’impegno di santificazione personale. Da più parti si cercano soluzioni alla rilassatezza della vita e dei costumi, anche nel clero; si cerca di ricondurre la vita dei conventi al rigore delle origini attraverso le “osservanze”, movimenti di riforma nati all’interno dei conventi stessi. E si sviluppa una nuova tendenza, la “devotio moderna”, vasto movimento spirituale che chiama ogni cristiano ad una vita di fede profonda attraverso una devozione personale, interiore e affettiva, ma sulla base di un serio programma, pratico e metodico, di preghiera, di meditazione, di lettura della Bibbia.
In tutta Italia nascono oratori, compagnie della carità e della dottrina cristiana: piccole realtà che hanno come soggetto i laici (il clero è presente, ma prevalentemente per la predicazione e l’amministrazione dei Sacramenti). Qualche esempio: le confraternite legate agli Ordini mendicanti (in specie ai domenicani) sorte a Bologna, a Firenze e in altri centri; l’Oratorio di S. Girolamo fondato a Vicenza da Bernardino da Feltre (1439-1494), con l’impegno di visite settimanali ai poveri e malati; la Pia opera di S. Corona (1497) del domenicano Stefano da Seregno; le Compagnie della Carità (1519) del card. Giulio de’Medici (1478-1534), futuro Clemente VII; ma anche gruppi devoti di studio della Scrittura come quello fondato a Venezia da Paolo Giustiniani (1476-1528) e dai suoi compagni di università, tra cui Gaspare Contarini (1483-1542).
In questo contesto di riforma in Italia, l’Oratorio o Compagnia del Divino Amore che si raccoglie a Genova attorno a Caterina Fieschi Adorno spicca per la sua devozione intensa e le rilevanti attività caritative, in particolare l’assistenza ai malati più gravi e agli “incurabili”; e si diffonde a Savona, Bologna, Vicenza, Verona, Padova,Venezia, raggiungendo anche Roma (intorno al 1515) e Napoli (1518), dove passano pure Gian Pietro Carafa (1476-1559), futuro Paolo IV, e Gaetano da Thiene (1480-1547), poi fondatori d Teatini, con altre importanti personalità della riforma ecclesiastica. Proviene da questa esperienza, il sacerdote Bartolomeo Stella (†1554) che fonda a Brescia nel 1521 un ospedale per gli incurabili, collegato ad un circolo di laici (tra cui alcune donne e Angela Merici), denominato “Amicitia”, lo stesso nome scelto da Antonio M Zaccaria (1502-1539) per il gruppo di fedeli cremonesi associati con lui. Di lì nasceranno i Barnabiti, preti di vita austera, generosamente dediti all’attività pastorale… A Milano nasce, nel 1536, la Compagnia della Dottrina cristiana, che diffonde l’esperienza delle scuole in tutto il Nord Italia.
Queste iniziative di rinnovamento laicale e di riforma d clero si legano e si integrano a vicenda nei progetti di riforma della Chiesa che sta per iniziare anche “in capite”: la creazione della “Commissione cardinalizia” nel 1535 e quella del “Consilium de emendanda Ecclesia” nel 1537 ad opera di Paolo III.
La fondazione di gran parte di questi Oratori e Compagnie – le date lo affermano – precede il 1517 quando a Wittenberg Lutero affisse le sue tesi.
Il Concilio di Trento (1545-1563) riaffermerà solennemente le verità della fede e chiamerà tutto il popolo cristiano, pastori e fedeli, ad una vera riforma della vita, ma tutto è partito da queste esperienze che costituiscono la fervida stagione della Riforma Cattolica, la quale, come nel suo sviluppo post-conciliare, vede una stupefacente fioritura di santi, la fedeltà di uomini e donne, mai venuta meno… La vera Riforma della Chiesa affonda le radici nella santità di questi cristiani che sempre sono stati fedeli a Cristo e non hanno ceduto alla mentalità mondana, l’assunzione dello spirito del mondo, pericolo gravissimo presente in tutte le epoche, non esclusa la nostra… Sono essi i veri artefici della vera Riforma… Queste energie riformatrici svolsero un ruolo importantissimo nel rinnovamento che pervaderà la Chiesa scossa dalla secessione luterana.
La carità.
Ad essa è dedicatouno degli ultimi documenti del luminoso Magistero di Papa Benedetto XVI: la Lettera Apostolica “Intima Ecclesiae natura”, che ha visto la luce l’11 novembre 2012, all’inizio dell’Anno della Fede.
La I parte del documento è ricca di contenuti dottrinali che affondano le radici nell’enciclica inaugurale del Pontificato, la “Deus caritas est”; la II parte dà disposizioni pratiche affinché il servizio della carità non sia lasciato al solo buon cuore personale o anche collettivo, ma diventi impegno e struttura ecclesiale come lo sono gli altri due elementi costitutivi della missione della Chiesa: l’annuncio della Parola di Dio e i Sacramenti. Come scrive Papa Benedetto fin dall’inizio della Lettera Apostolica: «L’intima natura della Chiesa si esprime nel triplice compito dell’annuncio, della Liturgia, del servizio della carità (diakonia)»: ma essi «si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l’uno dall’altro».
A testimonianza di quanto la diaconia della carità sia fondamentale nella vita della Chiesa e di quanto – di conseguenza – debba essere corretta l’impostazione del servizio, Papa Benedetto sarebbe ritornato a parlare nel Messaggio per la Quaresima 2013 sottolineando il rapporto tra fede e carità ed offrendo quattro piste di riflessione:
la fede come risposta all’amore di Dio;
la carità come vita nella fede;
l’indissolubile intreccio tra fede e carità;
la priorità della fede e il primato della carità.
«La fede – scrisse – costituisce la personale adesione alla rivelazione dell’amore gratuito e appassionato che Dio ha per noi e che si manifesta pienamente in Gesù Cristo. Da qui deriva per tutti i cristiani e, in particolare, per gli “operatori della carità”, la necessità della fede, fede che diventa operante nell’amore… La fede è conoscere la Verità e aderirvi; la carità è “camminare” nella Verità. A questa luce risulta chiaro che non possiamo mai separare o, addirittura, opporre fede e carità. Queste due virtù teologali sono intimamente unite. La priorità spetta sempre al rapporto con Dio e la vera condivisione evangelica deve radicarsi nella fede. Talvolta si tende, infatti, a circoscrivere il termine “carità” alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario… Il rapporto che esiste tra queste due virtù è analogo a quello tra due Sacramenti fondamentali della Chiesa: il Battesimo e l’Eucarestia. Il Battesimo (sacramentum fidei) precede l’Eucarestia (sacramentum caritatis), ma è orientato ad essa, che costituisce la pienezza del cammino cristiano. In modo analogo, la fede precede la carità, ma si rivela genuina solo se è coronata da essa. Tutto parte dall’umile accoglienza della fede (“il sapersi amati da Dio”), ma deve giungere alla verità della carità (il “saper amare Dio e il prossimo”), che rimane per sempre, ed è compimento di tutte le virtù». «La nostra fede diventa veramente “operosa” per mezzo della carità (Gal5,6). La fede è conoscere la verità e aderirvi (cfr1 Tm 2,4); la carità è “camminare” n verità (cfr Ef4,15)». «Talvolta si tende a circoscrivere il termine «carità» alla solidarietà o al semplice aiuto umanitario. E’ importante, invece, ricordare che massima opera di carità è l’evangelizzazione, ossia il “servizio della Parola”. Non v’è azione più benefica, e quindi caritatevole verso il prossimo, che spezzare il pane della Parola di Dio, renderlo partecipe della Buona Notizia del Vangelo, introdurlo nel rapporto con Dio: l’evangelizzazione è la più alta e integrale promozione della persona umana».
Santa Caterina da Genova ed Ettore Vernazza testimoniano con la loro vita che tutto questo sempre ha avuto un posto di rilievo nella riflessione e nella pratica della Chiesa. Ciò che oggi dobbiamo riscoprire sono le motivazioni profonde affinché le nostre opere non si situino su un piano solo inconcludentemente sociologico.
Grazie.
S.E. Mons. Edoardo Aldo Cerrato, C. O., Vescovo di Ivrea