Quello che oggi viene presentato in relazione a Ettore Vernazza e a Santa Caterina è un capitolo della ricca storia di carità della nostra Genova. Non mi risulta che a oggi nessuno abbia ancora dipinto un quadro completo. Chi un giorno lo facesse, compirebbe un atto di giustizia.
Citiamo appena alcuni fatti.
Nei secoli XII e XIII in vari luoghi del Genovesato nacquero nuclei assistenziali, hospitali anzitutto per i pellegrini: si può ricordare che nel 1183, alla marina di Prè era già attivo l’hospitale dei Giovanniti – oggi Cavallieri di Malta – ove visse in penitenza e operò evangelicamente Sant’Ugo Canefri.
A metà del Quattrocento si costituisce la Compagnia di Misericordia, ancora oggi esistente e operante, con lo scopo di assistere, istruire religiosamente e moralmente i carcerati e indurli a conversione.
Ma, entriamo nel capitolo oggetto di questo convegno: negli anni Venti del XV secolo, il giurista Bartolomeo Bosco avviò l’Ospedale di Pammatone, destinato a divenire il centro propulsore dell’assistenza ospedaliera genovese. Qui operò Santa Caterina esercitando grande influenza nel campo della carità sociale. Grazie al suo influsso e allo zelo del notaio Ettore Vernazza, nacque a Genova la prima Compagnia (o Oratorio) del Divino Amore. Al Vernazza sono legate diverse istituzioni caritative.
In questi secoli erano già attive – e lo saranno sino ai nostri giorni – le Confraternite, fondate da laici, con lo scopo di rendere concrete le opere canoniche di misericordia corporale, aggiungendone di nuove. Gli Oratori, sedi di queste venerande istituzioni , anticipavano aiuti economici, senza fare usura, o le sementi ai contadini negli anni di carestia e persino imprestando gli attrezzi per lavorare la terra.
Il Seicento genovese segna il massimo splendore, non solo per le chiese e i palazzi, ma anche per la carità, grazie all’iniziativa di alcuni. Durante la peste del 1656-1657, l’Arcivescovo, il Cardinale Stefano Durazzo fece aprire i conventi che diventeranno lazzaretti. Lo stesso palazzo arcivescovile accolse gli appesati, e la peste seminò la morte tra i suoi abitanti.
Santa Virginia Centurione Bracelli (1587-1651) organizzò le Cento Dame, le quali secondo un preciso programma visitavano le famiglie dei poveri della città, provvedendoli di cibo, di vestiti, di denaro e di istruzione. Le Dame si riunivano a pregare nella Chiesa delle Vigne, presso l’altare dell’Incoronata, e di lì partivano per le opere di carità.
Ancora nel Seicento, deve essere menzionato il nobile Emanuele Brignole (1617-1678), che pensò e realizzò il maestoso Albergo dei Poveri, sulla collina di Carbonara. Qui i poveri venivano accolti, assistiti, talvolta per tutta la vita. La loro giornata era scandita dalla preghiera , dal lavoro, dai pasti e dal riposo. L’istituzione, adattandosi ai tempi, giunse sino quasi ai nostri giorni.
La carità a Genova ebbe una nuova primavera nell’Ottocento, in cui vissero e operarono figure di grande rilievo. Possiamo solo ricordarvi i nomi: San Francesco Maria di Camporosso (1804-1866), eroe di carità al punto di meritarsi il nome di “Padre Santo”; Santa Paola Frassinetti (1809-1882), che si dedicò alla fanciulle più povere, al punto di creare una organizzazione simile a quella dalla Bracelli: nel 1838 da una relazione presentata al Cardinale Placido Maria Tarditi, arcivescovo di Genova, risulta che assisteva 2891 fanciulli del centro cittadino. Il Servo di Dio Nicolò Daste (1820-1899), che si fece mendicante lui stesso per raccogliere cibo, vestiti, denaro; e, ancora, la Serva di Dio Maria Raffaella De Giovanna (1872-1933), fondatrice delle Suore Terziarie Minime infermiere di San Francesco da Paola per l’assistenza alle donne malate e anziane.
A queste figure ne venivano accostate altre che si dedicarono a quella forma di carità che è l’educazione: Sant’Agostino Roscelli (1818-1902), fondatore delle Suore dell’Immacolata; il Servo di Dio Francesco Montebruno (1831-1845), che fondò l’Istituto degli Artigianelli; la Beata Eugenia Ravasco (1845-1915), che si dedicò all’educazione delle ragazze bisognose; don Eugenio Fassicomo (1864-1902), che dedicò tutta la sua vita alla cura e all’educazione dei giovani orfani, abbandonati, carcerati, sfruttati.
Nel Novecento, sorse a Genova l‘Auxilium, vera fonte di carità per i più bisognosi, al fine di rispondere alle conseguenze della crisi economica mondiale del 1929. Ne furono gli iniziatori Amelia Dodero e don Giuseppe Siri. Il primo servizio fu quello di servire un pasto caldo e così meritò il nome di “opera della minestra”. Durante il secondo conflitto mondiale, l’Auxilium distribuì migliaia di generi in natura e offrì diversi tipi di assistenza. Si vedevano girare per Genova grandi autocarri, provenienti dal Piemonte e dalla Lombardia, con i colori del Papa e la scritta Auxilium. Molte volte, accanto all’autista, c’era il vescovo ausiliare Giuseppe Siri. Terminato il conflitto, l’Auxilium riportò a Genova i reduci dai campi di prigionia e di concentramento. Auxilium opera ancora oggi a Genova in ambiti assistenziali di frontiera.
Genova è stata ed è grande non solo per i commerci, per l’arte o per la ricerca. E’ grande anche e soprattutto per la storia di carità che ha segnato i suoi secoli. Noi ne facciamo memoria riconoscente e desideriamo continuarla e rinnovarla.
Mons. Marco Doldi, Vicario Generale della Diocesi di Genova